Centri Giovanili Don Mazzi

I Centri Giovanili Don Mazzi sono nati per “arrivare prima” del disagio giovanile, per impedire che i giovani entrino nelle comunità, che affrontino difficili percorsi di recupero fonte inevitabile di sofferenza per loro e per le famiglie. Per questo ci impegniamo nella prevenzione. Il nostro intento è di “fare squadra” attraverso le 4 ruote educative proposte da Don Antonio: la musica, lo sport, il teatro/danza, il volontariato.

PROGETTO
PILLOLE DI ADOLESCENZA

Gli adolescenti fanno tantissime cose belle, senza però che le stesse siano conosciute dagli altri o vengano riconosciute. Questo progetto vuole metterli in condizione di mostrare ciò che fanno e utilizzare questo come forma di confronto e di stimolo. Pillole di Adolescenza è realizzato dai Centri Giovanili don Mazzi con il contributo della Associazione Tutto x Amore Onlus.

Obiettivi
• Coinvolgere gli adolescenti in attività nate con loro, per loro e realizzate da loro.
• Sviluppare con gli adolescenti attività che permettano loro un confronto sano tra pari.
• Fornire ai genitori strumenti per interpretare meglio i comportamenti dei figli.
• Fornire una mappatura e una dimensione al disagio adolescenziale (ricerca sociale).
• Formare adolescenti e giovani in un processo lavorativo multimediale utile per il loro futuro.

Metodologia
Si tratta di un format audiovisivo così strutturato:
• brevi cortometraggi rappresentanti criticità tipiche dell’adolescenza; i protagonisti dei corti sono adolescenti che interpretano adulti e se stessi;
• ogni corto viene poi affiancato dal commento di un esperto/testimonial per dare spessore e maggiore credibilità al prodotto;
• ogni corto verrà pubblicato si piattaforma Youtube e spezzettato per essere inserito anche su altri canali social (Facebook, Instagram, Tik Tok).

Personale

n. 1 coordinatore.
n. 1 videomaker professionale.
n. 4 giovani interpreti.

Fasi
1. Individuazione e coinvolgimento del personale.
2. Analisi dei temi da trattare attraverso la raccolta di circa n.100 brevi video forniti da adolescenti di Verona, in cui raccontano “la cosa che mi fa più soffrire” e “la cosa che mi dà più gioia”.
3. Produzione e post produzione di n.5 cortometraggi.
4. Comunicazione e promozione.

RI-GENERAZIONE GIOVANI A VERONA
Premessa
Il COVID-19 ha aggravato il disagio tra gli adolescenti. Uno studio realizzato dall’Università di Copenaghen ha analizzato i risultati di sette ricerche su oltre 200mila persone in Danimarca, Francia, Paesi Basse e Gran Bretagna e ha messo in evidenza come siano stati proprio i più giovani ad essere maggiormente colpiti da ansia, depressione e profondo senso di solitudine, nel periodo dei lockdown.
La pandemia ha comportato rinunce e restrizioni sempre più difficili da tollerare; così come è altrettanto evidente che l’assenza della scuola non ha penalizzato solo l’apprendimento della conoscenza, ma è stata soprattutto una perdita di occasioni, esperienze, socialità, tutto ciò che è vita e ancor più in adolescenza.
Sono state amplificate situazioni già preesistenti. Nel caso di una tendenza depressiva, per esempio, ci sono stati forti aggravamenti, così come per quei ragazzi con difficoltà nel controllo, si sono registrate magari esplosioni di rabbia, o un aumento dell’abuso di droghe, atti di autolesionismo.
Eppure il crescente disagio psichico a cui stiamo assistendo, ha a che fare con un fenomeno che è avvenuta ben prima: la perdita dell’attesa correlata all’aumento della paura. Non siamo più in grado di aspettare, stare, sopportare. Abbiamo paura della sofferenza, di non poterla sopportare, tenere, contenere, superare.
I nostri giovani sono una generazione iper-protetta. I genitori fanno di tutto per garantire loro felicità e benessere. Con la convinzione che eliminare qualsiasi ostacolo dalla strada dei figli, sostituendosi a loro, o controllandoli – nel senso più letterale del termine – li possa tutelare. Li si priva della possibilità di mettersi alla prova, di crescere e quindi di sviluppare una sana autostima. E così gli adolescenti crescono ignari di avere delle risorse, non sanno che possono reagire, e quando vivono un dolore, hanno fretta di “eliminarlo” o spostarlo, non sono abituati a “contattarlo” e “viverlo”.

Che fare?
Dovremmo iniziare a considerare la sofferenza e la paura non come le cattive della storia ma considerarle come il motore del successo, non la radice dei fallimenti. “Tenere duro nel ruolo di sostegno, giocando sul tempo”, così asseriva Winnicot nel 1965. Tenere duro significa sopravvivere alla sfida adolescenziale, saper rispondere al momento giusto, ai bisogni acuti. A noi la difficile condizione di saper aspettare, con tutto ciò che emotivamente comporta, senza né essere interventisti, né passivi, ma ponendoci come un oggetto presente, capace di percorrere con loro, pur rispettando la libertà, il cammino che devono compiere da soli, verso il mondo adulto.
No, forse non andrà tutto bene, avremo ancora paura, ma sarà importante non patologizzare necessariamente la sofferenza, anzi, al contrario riconoscerla, sopportarla e quindi superarla. Anche questa è crescita.

Centrigiovanilidonmazzi.it
Contatti:
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Amore e sostegno per chi si trova in difficoltà.

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